Il sintagma verbale

Il sintagma verbale è un sintagma la cui testa è un verbo, facoltativamente accompagnato da avverbi o da espressioni avverbiali. Il verbo fornisce una quantità di informazioni riguardanti lo stato o l’azione comunicati. Nella frase
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il sintagma verbale were seeded indica che si sta parlando di un’azione che si è verificata con certezza, in un momento passato non specificato, compiuta da un’entità esterna, e ora terminata. In linguistica, queste informazioni sono specificate rispettivamente dalle categorie grammaticali classiche di modo (indicativo), tempo (passato), forma (passiva) e aspetto (perfettivo). Tali categorie esistono sia in italiano che in inglese, ma i sintagmi verbali possono differire strutturalmente tra le due lingue. Alcuni verbi richiedono un complemento oggetto diretto per dare alla frase un senso compiuto e sono perciò detti transitivi; ad essi si contrappongono i verbi intransitivi, che non hanno bisogno di un complemento oggetto e, facolativamente, reggono complementi indiretti (introdotti da una preposizione). Nella maggior parte dei casi, i verbi transitivi e intransitivi coincidono tra le due lingue; occorre tuttavia prestare attenzione ai verbi cosiddetti preposizionali, ossia retti da preposizione, alcuni dei quali non sono tali in italiano. Si tratta, ad esempio, di verbi come approve of, care for, decide on, listen to, look at, pay for, wait for eccetera, i cui equivalenti italiani approvare, curare, decidere, ascoltare, guardare, pagare e aspettare reggono il complemento oggetto senza bisogno di preposizione. Anche alcuni verbi introduttivi, così chiamati perché introducono pensieri e idee altrui, differiscono strutturalmente in italiano e in inglese. L’esempio più citato è quello dei verbi suggerire e raccomandare, che in italiano reggono una frase infinitiva (suggerire di fare qualcosa) e in inglese una costruzione gerundiva (suggest doing something). Altri due verbi che possono creare confusione sono i verbi copulativi consider e regard, che in inglese si accompagnano rispettivamente all’infinito (consider X to be) e al gerundio (regard X as being) e in italiano al congiuntivo (considerare/ritenere che X sia). C’è poi la categoria grammaticale dell’aspetto, che fornisce informazioni riguardanti la compiutezza o incompiutezza di un’azione e la sua durata. Ciò attiene in particolar modo alle differenze funzionali e semantiche tra passato remoto, passato prossimo e imperfetto da una parte e simple past e present perfect dall’altra. In italiano, passato remoto e passato prossimo esprimono un’azione collocata in un passato più o meno lontano ma comunque compiuta, mentre l’imperfetto riporta un’azione che perdura nel tempo. In inglese, il simple past copre, a seconda del contesto, sia il passato remoto che l’imperfetto, mentre il present perfect è riservato ad azioni che, iniziate nel passato, hanno rilevanza per il presente. Pur condividendo la stessa struttura morfologica, passato prossimo e present perfect hanno dunque funzioni differenti, tanto da essere ascritti a due sfere temporali diverse (passato per l’italiano e presente per l’inglese). La similarità strutturale, unitamente al fatto che il concetto di rilevanza per il momento attuale è, entro certi limiti, di più o meno libera interpretazione, può indurre in errore il parlante italofono. I prossimi interventi prenderanno in esame ciascuno dei punti sopra citati con un approccio contrastivo, soffermandosi cioè sulle differenze tra italiano e inglese. Riferimenti Crystal, David, The Cambridge Encyclopedia of the English Language, CUP, Cambridge, 2003 Kolln, Gray, Salvatore, Understanding English Grammar, Pearson, London, 2016 Serianni, Luca, Grammatica italiana, UTET, Torino, 2005